Diary

Chuck Palahniuk

Da quando ha sposato Peter, enigmatico compagno di corso alla scuola d’arte, Misty è venuta ad abitare sull’idilliaca Waytansea Island. Ora Peter, dopo un oscuro tentativo di suicidio, giace in coma all’ospedale. E Misty tiene questo diario – come facevano le mogli dei marinai costrette a lunghe separazioni dai mariti – per quando (semmai) tornerà alla coscienza. Ma – trattandosi di un’opera di Chuck Palahniuk – è inevitabile che il contenuto del diario sia molto bizzarro: misteriosamente cominciano a sparire una dopo l’altra alcune stanze dalle case per le vacanze della zona che Peter aveva ristrutturato. Misty, con l’aiuto di un grafologo, Angel Delaporte, scopre che sulle pareti delle stanze (in realtà murate) sono stati scribacchiati dei messaggi terribili e minacciosi che a poco a poco svelano verità sempre più sconvolgenti su di lei e sul suo destino. A questa progressiva e agghiacciante rivelazione si accompagna un’inesplicabile vena artistica che la spinge a disegnare o a dipingere. Il suo dottore, la figlia dodicenne e la suocera, invece di preoccuparsi per la sua salute, la spingono a continuare nella sua attività artistica, facendole oscuramente intendere che in tal modo salverà l’isola dai pericoli che la minacciano. Nel frattempo Misty si imbatte in diversi altri messaggi segreti scritti sotto i tavoli del ristorante o sui libri della bibilioteca che la ammoniscono in termini vaghi e angosciosi e che vengono dal passato…
Con “Diary” l’autore si è lasciato alle spalle le sue crude ambientazioni urbane a favore di una sinistra località turistica: ne viene fuori un nuovo, ipnotico Palahniuk sospeso tra l’horror e il grottesco, capace di dipingere, con la devastante forza narrativa e con la verve nichilistica che lo contraddistinguono da sempre, quegli inquietanti paesaggi umani che solo pochi scrittori hanno il coraggio di affrontare a viso aperto. Un libro maturo e sconvolgente: per molti ma non per tutti.

Recensione: Diary



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